La "Grecía Salentina" o "Ta dekatría choría" come dicono gli abitanti, è un enclave protesa a sud-est della città di Lecce (in griko chiamata Luppíu, l'accusativo dell'antica voce greca Luppíi, oggi non più usata), nella quale viene parlato il griko, una lingua neogreca contenente molti elementi provenienti dal greco classico e bizantino, e qualche influsso importato dal latino e romanzo-leccese. La Grecía è composta oggi dai centri Calimera (in griko Kaliméra), Castrignano dei Greci (Kastriniána), Corigliano d’Otranto (Choriána), Martano (Martána), Martignano (Martiniána), Melpignano (Lipiniána), Soleto (Sulítu), Sternatìa (Sternaítta o Chóra) e Zollino (Tsuddhínu), nei secoli passati abbracciava però tutta la fascia da Gallipoli fino a Otranto con paesi come Galatina, Strudà, Galátone, Nardò, San Nicola e Ruffano. Ma anche in città come Maglie, Lecce, Brindisi e Taranto prima risiedevano delle forti minoranze greche.
Sulla nascita della Grecía si contrappongono due tesi principali. La prima vede le sue origini nelle antiche colonie greche della Μεγάλη Ελλάδα (Magna Graecia), la seconda riconduce la popolazione salentina d’origine greca alla politica di ripopolazione portata avanti dagli Imperatori Bizantini tra i Secoli V e XI d.C.
Nel passato i Griki e la loro lingua sono stati spesso vittime di pressioni omologanti, vedi per esempio la soppressione del rito greco-ortodosso nel Salento e nel Suditalia. Questo, e altri motivi importanti come la scolarizzazione ed i mass-media, portarono il griko a una crisi esistenziale durante gli anni sessanta e settanta del XX secolo. Oggi, grazie anche ad una recente legge di tutela, i Griki godono dello statuto di minoranza etno-linguistica storica degna di protezione, paragonabile agli Arbëresh o ai Sloveni del Friuli, e possono apprendere l’idioma nelle scuole e nei corsi serali. Ma tutto sommato, questo non vuol dire ancora niente per la sopravvivenza del griko. Fortunatamente, durante gli ultimi anni si è rafforzata la presa di coscienza di molti Griki per la loro grecità, e si sono incentivate le iniziative di tutela e di salvaguardia della lingua e delle tradizioni. Ma nonostante questo, permane in molti giovani il rifiuto di portare avanti il griko, non volendolo parlare come lingua corrente nei loro rapporti quotidiani interpersonali. Anche se il clima in genere oggi è più favorevole, si vedrà se il griko vincerà o no la sua scommessa con le nuove generazioni, e se avrà ancora un suo futuro come lingua minoritaria viva.